“Noi influencer siamo realtà” gridava Antony Sansone al deputato Borrelli, domenica scorsa a Roccaraso. Non so cosa intendesse lui di preciso ma io per non sbagliare mi terrei sulla traduzione più letterale: esistiamo davvero. Vale a dire: non viviamo su TikTok, abitiamo il vostro stesso mondo. Anche se mi sembra che, a conferma di questa esistenza, Sansone e tutti gli altri influencer mostrino non tanto prove tangibili - un documento, un corpo, una vita, una quotidianità - quanto prove immateriali - la mia narrazione, ciò che mostro di me, i miei followers: è tutto vero.
Il punto è che allo stato attuale per stabilire cosa sia vero, al di là della carne e delle ossa, è sufficiente firmare un’autocertificazione. E il punto è pure che questa è l’eta dell’oro della cosiddetta “riprova sociale”. Una teoria formulata dallo psicologo statunitense Robert Cialdini, già consulente di Obama per la campagna 2012 e poi di Hillary Clinton, contenuta all’interno del libro “Influence” del 1982 (tradotto in Italiano con “Le armi della persuasione”) e nel più recente “Pre-suasion”.
In soldoni: si tratta di una scorciatoia mentale che ci spinge a uniformarci alla massa per fare meno fatica possibile. Ancora meglio: induce ad aderire a una proposta se quella proposta è condivisa da molte persone, cioè a ritenere più validi i comportamenti o le scelte effettuati da un gran numero di persone. Per esempio: se così tanti utenti consigliano su TripAdvisor quel ristorante perché dovrei spendere mie risorse intellettuali per accertarmi che tutta quella gente non si sia sbagliata? Prendo per buono quello che mi dite, a patto che lo diciate in tanti e che io possa riconoscermi nel vostro stesso gruppo sociale (la neve dell’Abruzzo a 30 euro con panino è un conto, le montagne extralusso di Saint Moritz un altro). In maniera forse troppo ardita si potrebbe definire come una specie di immunità di gregge: più siamo, a pensarla in uno stesso modo, più possibilità ci sono, per tutti, di sviluppare degli anticorpi (ardita, dicevo: perché la malattia dovrebbe essere, a questo punto a rigor di logica, il pensiero critico).
Forse il meccanismo della riprova sociale può essere utilizzato anche per spiegare certi grandi movimenti che si registrano sui social. Migliaia e migliaia di utenti che per anni non vogliono sentire ragioni, seguaci di chicchessia come muli a testa bassa, che però ad un certo punto la fanno finita: stop, basta, contrordine compagni - ci mettono una croce sopra. In massa prima, e in massa dopo.
Al fondo di queste migrazioni mi pare ci sia sempre qualcosa che ha a che vedere con “la realtà”, intesa solo nell’accezione di “verità”. C’è sempre qualcosa, che emerge, che diventa più vero del vero nel quale si era creduto fino a quel momento. Gli esempi sono innumerevoli ma per stare sull’attualità più stringente trovo alquanto surreale che qualcuno abbia scoperto solo grazie a Fabrizio Corona che accadesse anche dell’altro, nel privato di Ferragni e Fedez, oltre quello che veniva mostrato su Instagram e su una serie tv della quale la coppia era ugualmente regista. Surreale che in una storia di corna a sentirsi traditi siano gli spettatori quasi più che i protagonisti. Ma è anche surreale che adesso a essere considerato vero sia solo il racconto di Corona. Perché la sua narrazione rappresenta solo la continuazione di The Ferragnez con altri mezzi.
“Progetto Corona” (la continuazione con altri mezzi dello schema Fuffaguru, il cui spot pubblicitario è stato visto da 4,2 milioni di utenti a costo zero), due libri in uscita, cappellini e t-shirt recanti le scritte “Circolino” e “Tortino” in vendita su un sito semi-dilettantistico (a proposito: Tortino è l’esca, il dileggio che è diventato virale perché non richiede alcun ragionamento, ma a reggere tutta la baracca, in maniera molto più sottile, è “Circolino” perché fa leva sul senso di appartenenza - andatevi a rileggere, dieci righe più su, la definizione di riprova sociale: noi reietti e voi Milano bene; noi Roccaraso e voi Saint Moritz; voi verissimo e noi falsissimo; noi siamo realtà e voi siete finzione).
Ma una cosa è pagare il biglietto per assistere a un varietà - Falsissimo - tutt’altra è diventare il target inconsapevole di una campagna di marketing abbastanza aggressiva e fondamentalmente occulta (due donne diffamate, “tutto questo non sta facendo bene a nessuno”, “transazioni non ne accettiamo”: sembra che nessuno possa guadagnarci niente e che si agisca solo “per onor del vero”. A riprova di ciò, per il grande pubblico: l’ipotetica telefonata di La Russa e la diffida di Ferragni nelle quali viene incartata l’illusione di una stampa libera che non accetta censure - anche se ha accettato di firmare un accordo decennale per evitare un processo per diffamazione) sostenuta gratuitamente da tutti media (senza i quali Corona non avrebbe ottenuto certi numeri - perché gira, gira, gira, ma alla fine, nonostante tutto, niente è più “vero”, per le masse, di quello che dicono i giornali e vedi alla tv).
Insomma secondo me il punto è che da quando Chiara Ferragni ha sostanzialmente interrotto le trasmissioni, quell’effetto neve che si è creato sugli schermi degli smartphone ha generato una voglia matta di Roccaraso. Si è creato un certo vuoto che per un tempo che mi pare sia stato brevissimo ha costretto un numero rilevante di persone a farsi una propria idea su tutto quello che era accaduto (le schiere di commentatori assatanati sotto ogni singolo post di Ferragni non rispondevano precisamente agli ordini di qualcuno). Ma se arriva uno che fa la fatica di pensare al posto nostro - di darci una direzione (la montagna o YouTube), ad un prezzo accessibile (30 euro o 4,99) - molto meglio. Corona infatti non si limita a destrutturare la vecchia narrazione (andata in pezzi da più di un anno) ma offre ad un pubblico ingordo una nuova verità. Un’alternativa a quello schermo grigio che è diventato Instagram da quando i Ferragnez si sono ritirati nelle loro stanze chiudendo la porta a chiave.
Il quinto episodio di Falsissimo dovrebbe andare in onda il 10 febbraio perché Corona sa che con tutta l’attenzione mediatica concentrata su un unico evento si aprono spazi impensabili, per chiunque offra qualcosa di diverso. Di diverso, ma che si inserisce perfettamente nel contesto catalizzatore - ché si fa trainare da quello, fingendo di trainarlo.
Roccaraso per una settimana si sposta a Sanremo.
La realtà è solo quella che ognuno si racconta.
La verità è solo quella che ognuno è disposto ad accettare.