Nel paese in cui la furbizia è considerata una dote, non si fa un grande affare a essere intelligenti. Nel paese in cui saper comunicare vuol dire sapersi prendere gioco di più persone possibile, non si fa un grande affare a trattare chi ti ascolta come fosse dotato di un cervello.
Ai più bravi, nell’essere furbi, fa gioco finire regolarmente su tutti i giornali ed essere sulla bocca di tutti, per ogni minima inezia. I soci di maggioranza delle loro aziende sono quelli che non gliene fanno passare una - invece di lasciarli fare tranquillamente finché il vaso non trabocca - contribuendo alla loro sovraesposizione mediatica e contribuendo quindi a usurare l’attenzione del pubblico, che soprattutto di questi tempi è assai limitata. Comprensibilmente limitata, vista la quantità di informazioni che volenti o nolenti si è chiamati a processare ogni giorno.
E’ ovvio che se spari cento proiettili al giorno, prima o poi un colpo andrà a segno. Ma io credo che si sottovalutino, e di molto, gli altri novantanove. Le altre novantanove cartucce, infatti, non sono a salve. Pure se non colpiscono il bersaglio da qualche parte finiscono. Dove finiscono? Nel caricatore del tipo contro cui le hai sparate. Si trasformano cioè in un boomerang perché, se si alimenta l’infodemia, identificare quale notizia abbia valore per la collettività sarà come cercare un ago in un pagliaio, per l’opinione pubblica. Con buona pace di quelli che sguazzano in questa confusione e hanno interesse a buttare dentro uno stesso calderone gossip e inchieste, stronzate e roba seria, una polemica inutile e una testimonianza penalmente rilevante.
E’ passata del tutto inosservata una mia inchiesta, uscita un anno fa sull’Espresso, nella quale sollevavo dei dubbi, carte alla mano, riguardo un podcast definito "di educazione finanziaria”, condotto da Fedez, e un fumetto, edito da Bonelli, collegato allo stesso progetto: Wolf. Avevo iniziato a lavorarci ad aprile 2023 e avevo già affrontato la questione in estate, sulla mia pagina Instagram, senza ricevere sostegno né particolare attenzione (purtroppo in quel periodo era ritenuto più fondamentale discutere delle vacanze a Dubai di Fedez e denunciare la relativa “mancanza di coerenza”, come se l’incoerenza fosse proibita per legge, o come se dovesse riguardare altri, oltre alla sua coscienza, o come fosse una caratteristica specifica del solo Federico Lucia) ma a febbraio 2024 si erano aggiunti altri elementi.
Il punto era che un accordo sottoscritto da Fedez con Be Shaping The Future, una società di consulenza in ambito comunicativo che annovera tra i propri clienti le principali banche e assicurazioni su scala europea, prevedeva che Fedez non potesse esprimersi liberamente su alcuni temi, considerati sensibili, relativi all’ambito economico e finanziario. Appariva pertanto fuorviante che si parlasse agli utenti di “informazione”, il cui carattere dovrebbe essere neutrale, mentre si tacevano i rapporti commerciali di Fedez con società del settore.
Non solo: l’intero progetto “Wolf”, nel quale rientravano sia il fumetto che il podcast, era collegato in maniera ambigua a Hype, un conto bancario digitale controllato da Gruppo Sella e Illimity Bank. In ogni episodio si sottolineava la natura informativa e non pubblicitaria del prodotto eppure rimane agli atti una puntata del podcast nella quale, al di là dei proclami, lo stesso Fedez sembra spiegare il reale intento: “Si riuscirà mai a togliere lo stigma delle banche? […] La mia società è stata acquisita da una grande azienda che fa consulting per le banche quindi io ho imparato a conoscere questo mondo e ho trovato una grande falla nella comunicazione. […] Mi hanno spiegato che la filosofia di come vengono stanziati i soldi nel marketing delle banche è: spendo tot per convertire in tot conti. E io invece credo che ci sia anche un concetto reputazionale da tenere presente, cioè spendi per cercare di far capire che la tua reputazione non è quella”. Sembra quindi lecito, ancora oggi, chiedersi: Wolf era un progetto editoriale di informazione finanziaria o un’attività di marketing occulta?
Quel che è certo è che in seguito alla pubblicazione del mio articolo, datato 2 febbraio 2024, usciranno solo altre due puntate del podcast (una delle quali suddivisa in due parti), già registrate in precedenza. I microfoni si spegneranno quindi alla sedicesima puntata ma avrebbero dovuto essere in tutto 18. Potrebbe essere solo una coincidenza temporale, tuttavia lo stesso accade anche con il fumetto edito da Bonelli: erano state annunciate 10 puntate, divise ognuna in 4 episodi, ma ne verranno pubblicate solo 3 (l’ultima esce il 23 febbraio 2024).
Nessuno spiegherà mai per quale motivo.
Circa un mese più tardi però Fedez è ospite di Francesca Fagnani, a Belve, e in quella occasione mi attacca citando un mio vecchio articolo d’opinione - del tutto trascurabile, non fosse che, a detta sua, ha ispirato il titolo del suo ultimo album, “Disumano” - uscito su The Post Internazionale.
Molto curioso che per criticare “il tenore delle asserzioni di questa giornalista” non citi la mia ultima inchiesta, fresca di pubblicazione, ma si ricordi di un corsivo di due anni prima. Peccato: sarebbe potuta essere l’occasione - oltre che per screditarmi sulla tv pubblica senza possibilità, per me, di replica - per salutare gli ascoltatori del podcast e i lettori del fumetto abbandonati a se stessi senza una spiegazione.
Ma se Freud ci avesse messo uno zampino c’è da dire che nel mio pezzo per Tpi del 2021 parlavo, nel finale, proprio dell’Espresso “che racconta come i Ferragnez accettino di essere censurati solo dietro lauto compenso” (un servizio firmato da Vittorio Malagutti e Carlo Tecce dal quale partirò, lo scorso anno, per parlare di “Wolf”). A proposito: è anche curioso che l’ex signor Ferragni si sia scagliato contro L’Espresso solo in difesa della moglie, che lui prima di chiunque altro aveva ‘scaricato’, ma non in difesa di se stesso, finito su quelle stesse pagine tre settimane prima a causa del suo “conflitto di interesse con la finanza”.
Reale indifferenza o mancanza di argomenti?
(Collateralmente continua a rimanere un mistero il perché L’Espresso, che nel frattempo aveva avuto un cambio alla direzione, non abbia mai pubblicato una mia inchiesta sulle Curve milanesi, alla quale ho lavorato diversi mesi, nonostante sia stata regolarmente pagata. Era pronta ai primi di agosto 2024, non va in stampa nemmeno quando, il 29 settembre, vengono decapitati i vertici ultrà e l’indagine dell’Antimafia conferma il quadro che avevo descritto - certo con i mezzi a disposizione di un giornalista e non quelli di una Procura. Io soffro un evidente danno professionale visto che da quella notizia campano ancora oggi una moltitudine di colleghi mentre io che ci ero arrivata prima di chiunque non ho in archivio nemmeno un articolo a mia firma, ma la faccenda dovrebbe riguardare anche voi. Vi pare normale che il direttore Carelli cestini un’inchiesta che sta su tutti i giornali e i telegiornali e in contemporanea metta un cuoricino alle foto di fine vacanza di Fedez allegramente abbracciato ad Alex Cologno?).
Qualcosa di simile accade anche quando mi trovo a scrivere di un corso pubblicizzato da Fabrizio Corona (sul Domani, lo scorso aprile, avevo analizzato le crepe, da un punto di vista legale, del sistema che ruotava attorno all’Academy di Jimmy Cenedella) e molto più di recente della sua “sala segnali” per il trading online (Fanpage, che a differenza mia dovrebbe essere un quotidiano strutturato ed economicamente solido, inizialmente racconta una barzelletta ovvero che la polizia di Telegram ha stabilito che “Progetto Corona” è una truffa. Infatti Corona ride. E solo trentasei ore dopo di me raccoglie una testimonianza che però risulta ormai bruciata visto che senza avere ancora niente di concreto in mano si è deciso di far esplodere il caso, mettendo così in guardia chi avrebbe potuto doverne rispondere - se solo il lavoro giornalistico fosse stato più accurato e meno superficiale).
Anche in questi due casi tutto, improvvisamente, si ferma. Senza che chi è coinvolto spieghi con chiarezza perché tutto si sia fermato (Corona dirà semplicemente, a proposito del trading: “alla prima lamentela ho sospeso la mia attività” e - ironia della sorte, se si pensa che su Chiara Ferragni pende ancora un’accusa penale dopo che ha pienamente risarcito chi ha tratto svantaggio dall’affare Balocco - “ero solo il testimonial”). Si può quindi ragionevolmente pensare, come nel caso del podcast e del fumetto “Wolf”, che quanto denunciato fosse fondato e che proseguire in quelle attività sia stato considerato a quel punto critico?
Si torna così al punto di partenza: nel paese in cui la furbizia è una dote, sapersi fermare al momento giusto, solo quando si teme un intervento delle autorità, e saper tacere quando non tira una buona aria, oppure saper addossare tutte le responsabilità sul broker, o su un ragazzino, o sul General Manager, o sulle cavallette - per fuggire alle proprie, è una garanzia di salvezza.
In parte però rimane anche che furbizia non è sinonimo di intelligenza infatti i furbi quasi sempre si smascherano da soli: ciò di cui non parlano, ha importanza; ciò di cui parlano non ne ha alcuna. Se si impara a silenziare le sciocchezze, a ridurre al minimo il rumore di fondo, confondere le acque diventerà molto più difficile perché l’attenzione dell’opinione pubblica non andrà più in saturazione. Se si prende la mira, invece di tirare a caso, tutta l’attenzione del pubblico si riverserà solo su quello che davvero conta. Perché allora nessuno avrà più dubbi: se se ne sta parlando, è perché è davvero importante parlarne. Non è folclore, penseranno, questa deve essere una notizia e quello che ce la sta dando deve essere un giornalista.
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