Un tonno da 2 milioni di euro
La fragola da 20 dollari è niente rispetto a quello che accade al mercato del pesce di Tokyo
C’è questa fragola, proveniente da Kyoto, messa in vendita al prezzo di 19,99 dollari nei supermercati di Los Angeles della catena Erewon e pubblicizzata da una serie di influencer, che sta creando parecchio scompiglio.
Forse perché ancora non sapete del tonno.
A gennaio, a Tokyo, si è tenuta la tradizionale asta dei tonni di inizio anno.
Il primo giorno di mercato, intorno alle 5 del mattino, un tonno del peso di 276 chilogrammi è stato battuto per 207 milioni di yen, equivalenti a circa 1,27 milioni di euro: si tratta del secondo prezzo più alto mai registrato.
Nel 2019, infatti, sempre in Giappone, un esemplare di 278 chili era stato battuto per 333,6 milioni di yen, pari a 2,06 milioni di euro.
Quello, il 2019, fu il primo anno in cui l’asta si tenne al mercato di Toyosu, appena inaugurato. Fino a quel momento le aste si svolgevano all’interno di un fabbricato molto più fatiscente, tra i classici banchi del pesce, sudici d’acqua.
Da quel momento in poi, invece, il mercato si trasforma in una specie di locale alla moda: i visitatori, soprattutto turisti, possono assistere allo show - le aste - dalle balaustre che sono posizionate al secondo piano e che si affacciano, attraverso delle vetrate, sulla sala nella quale si tengono le contrattazioni. A differenza del consueto, il pavimento della sala non è bianco ma verde, perché sul verde il rosso della carne di tonno risalta maggiormente. La struttura, nel complesso, è modernissima e ospita anche ristoranti di fama internazionale, numerosi negozi di alimentari e un giardino erboso sul tetto dell’edificio principale. Con il trasloco qualcosa evidentemente è cambiato, non solo nell’estetica ma soprattutto nell’anima di questo posto: il mercato del pesce è diventata una meta turistica. E la tradizionale asta dei tonni di Capodanno è diventata una grande campagna di marketing.
Come è possibile, infatti, pagare un tonno 2 milioni di euro, per quanto le sue dimensioni possano sfiorare i 3 quintali? Si parla di 7.000 euro al chilo, sarebbe come andare al ristorante giapponese e pagare 70 euro un singolo Nigiri.
E’ chiaro che questa cifra superi di uno sproposito i costi di produzione, ma non corrisponde nemmeno al reale valore del prodotto, cioè al suo valore di mercato: nessuno paga e nessuno vende, infatti, un Nigiri per 70 euro.
Questa cifra tuttavia diventa più ragionevole se si considera che grazie a un investimento apparentemente così folle, il compratore finirà comunque su tutti i giornali del mondo, anche senza aver speso un euro in pubblicità. Significa che i vari “re del tonno” che in questi anni si sono succeduti (sempre proprietari di catene di sushi) si sono ritrovati - senza aver mosso un dito, ma solo capitale - i ristoranti pieni di clienti che volevano mangiare quel famoso tonno (venduto al dettaglio a un prezzo accessibile per quasi tutti).
Ma non solo. L’asta dei tonni di Tokyo è diventata una sorta di rituale collettivo che alimenta, e misura, le speranze di ripresa economica del Giappone dopo decenni di stagnazione. L’andamento positivo dell’asta, insomma, è considerato un segnale di buon auspicio, diciamo un oroscopo. Questa almeno è l’interpretazione più romanticizzata di questa storia, a uso e consumo di turisti e cittadini giapponesi. Mentre la versione più realistica è che le aste rappresentino soprattutto un importante indicatore finanziario: permettono cioè di monitorare il livello di ottimismo degli imprenditori all’alba di ogni nuovo anno. E’ un po’ come dire: quanti soldi potete permettervi di buttare nel cesso nel 2025? E sulla base di questo dato capire in che direzione si muoveranno i mercati. Non solo quelli del pesce.
Questo significa che il problema non sta nel prezzo del tonno, o delle fragole, ma nel valore che diamo ai soldi che servono per comprarli. E significa che quanto più si parla del prezzo di quel tonno, o di quella fragola, tanto più il valore di quel tonno, o di quella fragola, crescerà. Perché quei prodotti diventeranno un indicatore socio-economico, uno status symbol, uno standard al quale, chi può permetterselo, vorrà aderire. E’ una questione di marketing, bellezza. E di certo, per quel che riguarda il tonno, c’è anche una questione ambientale da tenere presente: il tonno rosso, o pinna blu, è in via di estinzione (per una lunga serie di motivi) e per questo è sicuramente diventato uno dei pesci più pregiati. Comunque non tanto da giustificare un costo da centinaia di migliaia i di euro.
Il punto, infatti, rimane che quei 2 milioni non ci parlano di quel tonno.
Così come quei 20 dollari non dicono molto di quella fragola.
Queste cifre ci parlano solo degli acquirenti. Ci dicono quanto valgano per loro i soldi che hanno sul conto corrente o nel portafoglio. Perché se quel tonno indiscutibilmente non vale 2 milioni, vuol dire che pure quei 2 milioni valgono poco, o non valgono niente, per chi li spende.
Tutti i giornali italiani copia incollano un commento dell’internet secondo cui tutto questo sarebbe distopico, eleggendolo a sintesi perfetta del caso “fragola a 19,90 dollari”. Ma qui non c’è niente di immaginario. E’ tutto reale. E se il vocabolario non m’inganna definirlo distopico risulta pertanto molto inesatto.
L’unica cosa certa è che perché un tonno arrivi a costare 2 milioni di euro, e una sola fragola 20 dollari, c’è qualcuno disposto a comprarli per quelle cifre.
Ma il prezzo degli stessi prodotti può crollare da un momento all’altro e che la facoltà di farlo crollare è nelle mani dei clienti, e non del mercato. Anche se, certo, capisco che faccia più presa sulle masse l’idea di questo capitalismo brutto brutto che mi costringe, contro la mia volontà, a pagare della frutta a peso d’oro.