Meta-beneficenza
Chi è Zoe De Biasi, la testimonial di McFit (che a sua volta è sponsor della squadra di calcio di Fedez) che promuoverà progetti "a forte impatto sociale"
Lunedì 17 marzo sul Corriere della Sera e sulla Gazzetta dello Sport, entrambi del gruppo RCS Media, è comparsa una pubblicità a doppia pagina: da una parte la gigantografia, cerchiata come una foto profilo, di una ragazza biondissima con un taglio di capelli cortissimo e la scritta “@zoedebiasi”; dall’altra, a caratteri cubitali, “Follow me on Instagram” accompagnato da un codice QR in formato francobollo.
L’immagine è di forte impatto: più che visivo, potrei dire concettuale. Non mi pare, infatti, di aver mai visto un influencer andare a caccia di follower su un quotidiano di carta.
In genere il motivo principale andrebbe ricercato nei costi, che sono abbastanza proibitivi: pur non esistendo un tariffario universale - cambiando i prezzi a seconda del giornale, della tiratura, del giorno di pubblicazione e della collocazione - non mi risulta che su un quotidiano nazionale sia possibile spendere meno 10.000 euro per acquistare un solo paginone. Anche se è probabile che nel caso esista un accordo di più lunga durata con la concessionaria pubblicitaria (nel caso cioè esista una pianificazione, ad esempio settimanale, e la campagna venga ripetuta a intervalli regolari per un certo tempo) i costi possano ridursi.
L’aspetto economico è tutt’altro che futile o salottiero per diversi motivi.
In effetti è l’aspetto che ha suscitato in me la curiosità maggiore e che mi ha davvero spinta ad andare a vedere chi fosse questa ragazza così giovane eppure così facoltosa da potersi permettere una campagna pubblicitaria su un media tradizionale.
L’illustrazione, d’altra parte, non forniva ai lettori nessun tipo di indicazione sul tipo di attività svolta da Zoe De Biasi su Instagram: a vederla - semplicemente sorridente, semplicemente nella sua canotta nera, semplicemente interessata ai tuoi cuoricini - sembrava solo l’ennesimo sciocchino che mette in vendita se stesso e distribuisce sui social mangime per criceti.
L’aspetto finanziario non è marginale anche perché i costi per acquisire nuovi follower tramite una promozione online sono abbastanza bassi (e non parlo dell’acquisto di fake follower in pacchetti ma di campagne “reali” di sponsorizzazione del proprio account). Insomma: a parità di budget dovrebbe essere enormemente più conveniente pubblicare un adv direttamente su Instagram, dove il pubblico può rispondere direttamente al tuo follow me, che passare per la carta - la quale, oltre a richiedere un maggiore investimento economico, richiede anche maggiore intraprendenza da parte del pubblico che deve affrontare più passaggi prima di convertire il proprio interesse in un follow: leggi sul giornale, prendi il cellulare, cerchi l’account, clicchi su “segui”.
Viene quindi da chiedersi: che razza di strategia di marketing è mai questa?
In effetti, in sette giorni, l’account di Zoe De Biasi “guadagna” circa 1500 follower.
Un po’ pochi. Anche perché la crescita maggiore non si verifica il 17 marzo, giorno in cui il suo faccione compare sul Corsera e sulla Gazzetta, ma nei giorni successivi, in particolare il 19 marzo. Cioè quando si inizia a parlarne online. Cioè quando si torna a giocare questa partita “in casa”, a costo praticamente zero, col passaparola.
In ogni caso, si può sapere chi diavolo sia Zoe De Biasi?
Su Instagram si presenta così:
“Sono Zoe. La nuova AI Ambassador di Mcfit Italia, generata con Intelligenza Artificiale da ispirazione umana. Ho 24 anni e sono una studentessa universitaria. Amo Torino la mia città e per motivi di studio mi capita spesso anche di trovarmi a Milano. Sono un’appassionata di sport e per me il movimento è uno stile di vita. Che sia in palestra, all’aperto, sul tappetino da yoga o tra le onde, lo sport è la mia forma di equilibrio. Amo il benessere in tutte le sue forme, prendendomi cura del corpo, della mente e mangiando sano. Tra un allenamento e l’altro infatti adoro sperimentare in cucina con piatti sani (che poi sono pure buoni). Condividere energia, motivazione e consigli è la mia passione - spero di ispirarvi!”.
Ha pure un cagnolino che si chiama Oliva e per farla breve: Zoe De Biasi non esiste.
E’ un’influencer creata dall’intelligenza artificiale per promuovere un brand di fitness che si chiama McFit (dal 2018 nelle mani di un italiano, Vito Scavo, ma riconducibile a una società tedesca - Rsg Group, fondata da Rainer Schaller).
Per questo motivo la settimana scorsa il Codacons è intervenuto a gamba tesa sul caso: “Un messaggio pubblicitario a tutti gli effetti, che per le sue modalità di presentazione al pubblico potrebbe risultare ingannevole, scorretto, o addirittura configurare una possibile forma di truffa a danno dei consumatori. Per tale motivo il Codacons ha deciso di presentare un esposto alla Procura della Repubblica di Milano, nonché ad Agcom e Iap, affinché valutino la correttezza della pubblicità in questione, e al tempo stesso solleva l’assenza di regole specifiche sul tema dell’Intelligenza artificiale e degli usi anche pubblicitari che possono esserne fatti a discapito dei cittadini”.
In effetti, per ora, anche la platea di Instagram sembra molto dubbiosa rispetto a questa operazione, e delusa: “Meno male che questo avrebbe dovuto essere l’anno in cui venivano eliminati i filtri per noi esseri umani e invece creano persone irreali per promuovere lo sport”. McFit Italia risponde alle critiche spiegando che “l’intento non è quello di proporre un ideale estetico di perfezione ma di presentare una figura motivazionale che possa trasmettere un messaggio di accezione e di benessere, non di conformità a uno standard”. Come fosse Antani.
Ma la faccenda, che già fin qui appare abbastanza ruvida, potrebbe complicarsi molto di più in futuro. Secondo i comunicati stampa di lancio, infatti, tra gli obiettivi di McFit c’è anche quello di “trasformare Zoe in una figura digitale di riferimento che promuoverà progetti a forte impatto sociale. Nei prossimi mesi, quando sarà consolidata la community del suo canale, Zoe verrà coinvolta nella creazione di contenuti a sfondo sociale, in collaborazione con i partner di McFit e altri soggetti; tutti i ricavi generati saranno interamente destinati a iniziative sociali, contribuendo a un cambiamento positivo e concreto”.
Viene da chiedersi: hanno vissuto su Marte, questi signori, nell’ultimo anno?
Oppure, visti i problemi di una nota testimonial con la beneficenza, si pensa di poter aggirare l’ostacolo attraverso la meta-beneficenza, utilizzando testimonial eventualmente non querelabili né iscrivibili in un registro degli indagati?
Per tornare al punto di partenza, cioè all’aspetto economico, questo è uno dei classici casi in cui il budget destinato alla promozione di un progetto filantropico supera il budget destinato al progetto filantropico?
Il piano è abbastanza inclinato. Già ora l’account di Zoe è molto ambiguo, i singoli post non offrono sufficienti elementi ai follower per capire che si tratti di un’immagine virtuale e non di una ragazza in carne e ossa. Mischiare attività commerciali e progetti a impatto sociale è di per sé un campo minato, figuriamoci se serve aggiungere un ulteriore elemento di equivocità.
Peraltro - non so se sia un capriccio del destino o un copione - McFit Italia, dallo scorso novembre, è Official Training Partner dei Boomers, la squadra di calcio di cui Fedez è presidente e che partecipa alla Kings League italiana (un torneo di calcio a 7, ideato da Gerard Piqué, “che punta a competere con la Serie A”).
Il percorso mi sembra disseminato di bandiere rosse.