MasterChef 14, croce e delizia
L'edizione in cui il ministro Lollobrigida è stato premiato da Pablo Trincia per lo storytelling sull'acqua
L’ultima edizione di MasterChef, che si è conclusa ieri sera, è stata la più piatta degli ultimi anni, o forse di sempre. Sono mancati, direi del tutto, i personaggi forti, le personalità davvero creative e soprattutto un percorso netto (la più brava, Anna, lo è stata solo a tratti; il più secchione, Simone, non ha saltato un pressure test; i mediocri, non a caso con ego strepitosi, ad un certo punto sono parsi dei giganti). A salvare la baracca sono rimasti solo i giudici.
Così al pubblico è rimasta una certa acquolina in bocca.
Posto che superarsi era obiettivamente difficile, dopo l’exploit dello scorso anno con Eleonora Riso e Niccolò (che infatti sono tornati adesso, in coppia, come ospiti) qualcosa è mancato. E non parlo di un pizzico di sale.
Forse, oltre alla portata principale, mancava del prezzemolo. E quindi, ai primi di febbraio, è entrato in scena Pablo Trincia (ovvero il Mario Draghi della Repubblica dei Podcast - per i sostenitori: bravo bravo bravo bravissimo; per i più critici: semplicemente perfetto da ogni punto di vista) che ha cercato di risollevare le sorti dello show. Con la sua solita faccia truce e questa idea, davvero delicatissima, di portare pure all’interno di un programma culinario la cronaca nera, della quale si parla sempre troppo poco, ma pure se fosse troppo molto non sarebbe comunque mai abbastanza.
In effetti sono anni che dall’alba a notte fonda i palinsesti sono invasi da morti sotto sale e misteri in tutte le salse. Ma mai nessuno - chissà perché? - aveva avuto la geniale idea d’ispirarsi a un crimine nella preparazione di un pranzo. Nonostante la cosa più naturale che possa accadere, di fronte alla notizia di una donna o di un uomo finiti squartati, sia proprio che ti venga una gran fame.
Ok, capisco che qualcuno possa trovarlo di cattivo gusto. E capisco pure che l’insolita sfuriata di chef Locatelli nei confronti di Simone potrebbe benissimo essere utilizzata per commentare la prova di Trincia: “A te piacciono le ostriche? E come le mangi? Tu hai mai mangiato un’ostrica con la maionese? No? E ci sarà una ragione! Sennò al negozio dove vendono le ostriche si vendeva anche la maionese, se si mangiava con le ostriche!”. Meno poeticamente: hai mai visto un All you can eat in una camera mortuaria? E ci sarà un motivo!
Volendo comunque spezzare una lancia a favore della puntata meno riuscita della storia del programma, posso dire che nell’epoca d’oro della cucina vegana, essendo venuti a mancare dalle nostre tavole maiali sgozzati e polli decapitati, si sentiva davvero un gran bisogno di un po’ di sangue in cucina. Così gli autori hanno pensato bene di far sanguinare le orecchie ai concorrenti costringendoli ad ascoltare in cuffia una storia true crime.
La vicenda è ambientata nel “New Jeuuuuursey” ed è raccontata, credo, dal doppiatore di una soap opera sudamericana: una certa Santina butta la pasta prima che l’acqua bolla, si dimentica di salare e poi scola con un ritardo di mezz’ora. Infine condisce gli spaghetti scotti con vongole e ketchup.
Quello che, simpaticissimamente, viene definito “un piatto criminale”.
Ma purtroppo la trovata risulta indecifrabile per gli aspiranti Masterchef che si guardano attorno smarriti come a dire: “che idea del ca**o è?”.
Infatti la Mystery Box sarà un disastro.
Ma il problema più serio è un altro: nessuno, ma proprio nessuno riconosce la star.
“La voce un po’ mi ricorda qualcosa….”, dice Jack con quella smorfia tipica di chi sta tirando a indovinare. E pensare che, essendo lui un cosiddetto content creator, sarebbe quello, all’interno del gruppo, più immerso nella bolla che in questi anni ha consacrato Trincia. Figuriamoci gli altri (figuriamoci nel mondo reale, che incidenza abbiano i numeri - autoprodotti, autocertificati e ciò nonostante tenuti riservati - delle piattaforme contemporanee).
Sembra proprio che nessuno abbia visto il disegno che la voce più calda d’Italia ha prodotto in tenera età, rappresentandosi umilmente come un Gesù in croce (hanno crocifisso Pablo, Pablo è vivo) pubblicata sul suo account Instagram. Si spiega solo così il fatto che nessuno dei concorrenti di Masterchef 14 abbia fatto di Trincia un idolo indiscusso. A differenza mia, che nei momenti di particolare tristezza penso sempre al suo “Ecce homo” e rido per due settimane.
Per tornare alle cose serie, nel frattempo il ministro Lollobrigida si è rivelato l’unico in grado di accettare la sfida lanciata da Trincia (“ci sono tanti crimini gastronomici, la pasta alla carbonara con la panna, la pasta come contorno, il cappuccino durante i pasti: affascinatemi, trascinatemi dentro, fatemi sognare”). Ci ha così servito su un vassoio d’argento un racconto efferato sull’acqua, materia prima delle materie prime: “L’abuso può avere conseguenze molto negative, addirittura pericolose. Il meno che possa capitare è una sudorazione eccessiva, che può portare in casi estremi alla rimozione delle ghiandole sudoripare. Contraccolpi possono riguardare il cervello, il cuore, il sangue troppo diluito, l’insonnia, danneggiare i reni. Questa è l’acqua, questa è l’acqua. L’abuso di acqua può portare alla morte”.
Sono sicura che il giudice aggiunto Trincia, dall’alto delle sue capacità narrative (non so se l’ho già detto ma è bravissimo) avrebbe premiato l’enfasi di questo racconto, la fantasia, la lirica. Il nuovo Masterchef d’Italia è pertanto lui: Francesco Lollobrigida. Ispirato da uno che si percepisce un Cristo, non a caso capace di camminare sulle acque. (Ma mi raccomando di seguire sempre la ricetta del ministro: mai abusarne, altrimenti il meno che possa capitare è che nessuno ti riconosca quando cammini per strada).